rielaborazione dei testi tratti dal bollettino 17.06.2000 numero speciale per il 10° anniversario della consacrazione della chiesa parrocchiale di Sant'Andrea (per i nomi degli autori e per i ringraziamenti riferirsi all'ultima pagina del bollettino)
Con una certa probabilità si può affermare che la piccola struttura originaria del XIV sec. coincida con una forma quadrata e che la parte dove oggi sono stati rinvenuti i significativi affreschi possa coincidere con il presbiterio originale. Tale struttura aveva un solo ingresso con portale, una finestra rettangolare sul lato sud e un rosone centrale.
Il campanile è possibile che sia stato eretto separatamente dal corpo della chiesa che, progressivamente è stato ampliato fino a raggiungerlo e ad inglobare la casa del sacerdote che veniva descritta come vicina alla chiesa. Non abbiamo date precise, ma è probabile che la sua edificazione risalga anch'essa al sec. XV. Nel 1602 venne restaurato dal nobile Giulio Gandini incaricato dalla Vicinia locale. Una scritta che ricorda questo avvenimento è ancora in minima parte leggibile graffiata nel cemento del campanile verso il monte, nella parte alta.
La prima descrizione che abbiamo della chiesa è tarda non solo rispetto alla costruzione stessa ma anche alla dipintura degli affreschi (datati agli inizi del 1500). Nell'anno 1567, grazie ad una visita pastorale, abbiamo una descrizione di questo luogo di culto: "la cappella dell'altar maggiore è separata dal resto dell'edificio, che è privo di pavimento, ha le pareti sbrecciate e cadenti con un ampia fenditura; l'altare, maggiore manca di croce e di candelabri. Anche il campanile è rotto: le porte sono prive di catenacci e serrature; il povero tempio è totalmente disadorno". Viene comandato agli abitanti della contrada di provvedere subito al restauro.
Nel 1573, nel corso della visita successiva, il visitatore aggiunge l'ordine di costruire il coro, di riparare le porte e il campanile, di collocare il pavimento e di tenere chiusa la chiesa. Si annota inoltre che la messa viene celebrata il giorno del titolare e ogni tanto, per pura devozione. |
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Anche nella visita effettuata nel 1580 abbiamo le stesse annotazioni: chiesa totalmente da restaurare: siano intonacate le pareti, vi si faccia il pavimento e il soffitto; dotare l'unico altare con una balaustra in ferro e di pietra sacra; procurando anche i paramenti indispensabili. Se entro tre mesi non saranno eseguite queste opere, intima il visitatore, l'oratorio dovrà essere totalmente distrutto. Dopo queste intimazioni, vennero eseguiti alcuni lavori di restauro.
Negli atti della visita del 1582 del Vescovo Giovanni Dolfin si notifica che l'oratorio è rivolto verso est e che ha l'altare maggiore e un altro, non ancora finito, posto in mezzo alla chiesa dalla parte che guarda verso sud. Per quanto riguarda il coro della chiesa, esso ha la volta; il resto del tempio è coperto di laterizi, ma è del tutto privo di pavimento. È dotato di tre finestre, due verso mezzogiorno e l'altra rivolta a settentrione, oltre ad un'apertura tonda. E' stato edificato con il contributo delle elemosine dei fedeli. La porta è stata dotata di nuovi battenti, chiavistello e serratura. Le descrizioni lasciano supporre che per rendere agibile il tempietto di campagna si sia ampliata la primitiva cappelletta con la cappella laterale destra che tuttora esiste. |
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Sempre del 1582 è la prima attestazione degli affreschi. Si riferisce infatti che la chiesa ha molti dipinti sui lati sud e verso il monte dalla parte anteriore della stessa risalenti, almeno in parte, agli inizi del 1500 (Nella parete sud si legge una iscrizione latina con la data del 10 maggio 1513 con il nome del committente, Giovanello Betelli, fattore in Artignago, originario di Timoline). |
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Nella visita del 1590 si ordina che sia terminato il dipinto - forse la pala dell'altare maggiore - e sia ornato (forse un'allusione alla cornice/struttura). Per impedire agli uccelli di penetrare nel sacro tempio è necessario provvedere un'altra rete metallica alle finestre. Entro un mese si collochi un Crocefisso sotto l'arco della cappella dell'altare maggiore e si procuri un'acquasantiera da collocare all'ingresso dell'oratorio". Probabilmente questa acquasantiera è quella semplice in pietra che si trovava murata all'ingresso laterale, prima dei restauri.
Come già riferito, il campanile venne restaurato nel 1602 dal nobile Giulio Gandini incaricato dalla Vicinia locale.
Nel 1610 Bartolomeo Mesa detto Picinelli costruiva a sue spese il muro appoggiato alla Chiesa e che forse chiudeva il fondo di dotazione del sacerdote che officiava nella chiesetta. Tale lavoro è ricordato da una targa in pietra che ancora oggi è visibile sul muro esterno della chiesa a sud. (cliccare sull'immagine)
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Questo muro e l'altro che da occidente va da sud verso il monte furono costruiti nel proprio terreno e a proprie spese dal Sig. Bartolomeo De Mesis detto De Picinellis, il quale ne concesse i diritti agli abitanti della zona. Questa lapide è posta a perenne memoria 1616
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Nelle altre visite successive vengono annotati alcuni lavori da eseguire e niente più. Una nota interessante ci viene dalla visita effettuata nel 1636 dove si parla espressamente della sacrestia che forse coincide con una parte della casetta del curato.
Nel 1661, con la visita del Card. Ottoboni gli affreschi sulla parete della chiesetta, sporcati dal carbone, corsero il rischio di essere scrostati e la parete imbiancata. Fortunatamente l’ordine del visitatore fu rispettato solo parzialmente e ci si limitò a ricoprire con intonaco i dipinti. Successivamente, forse a causa di infezioni dovute alla peste che imperversava nel bresciano, la chiesa venne interamente tinteggiata di calce bianca che coprì tutti gli affreschi delle pareti.
Oggi gli affreschi sono stati ottimamente recuperati e visibili in tutto il loro splendore (vedi Affreschi).
Nel 1690, durante una interessante causa intentata dagli abitanti di Artignago e la Parrocchia della Pieve per provare che la chiesetta era di "proprietà privata" degli abitanti di Artignago e non della Parrocchia, si precisa che all'epoca non si conosceva chi avesse fondato il tempietto e gli avesse dato una minima dotazione di terreno.
Sul portale, si può ancora leggere un distico in latino:
Hoc pietatis opus
divo vicinia supplex
Andreae vovet sumptibus
ista suis
17 37
quest'opera di pietà
la supplice Vicinia consacra
a sue spese a S. Andrea
L’anno 1737 è da riferirsi all'erezione della pietra del portale.
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Quando si passò dalla configurazione della chiesa da due altari a tre (cioè uno centrale e due laterali) non è ancora precisamente definibile. L’unica descrizione del tempietto lo attesta come "situato in mezzo tra Artegnato e Casa de Bosy" e ancora "con due altari" (1739).
All'inizio del 1800, però, la Chiesa aveva già raggiunto la forma attuale e così viene descritta nella visita di Mons. Gabrio Maria Nava nel 1818: "La chiesa di S.Andrea in contrada ..... è molto antica soffittata a tavelloni essa ha tre Altari; cioè oltre il maggiore vi è quello di S.Paolo, e quello di S.Nicola, la casa Parrocchiale contigua alla Chiesa in cui si passa con mezzo di piccol cortile di ragione del Parroco, è vecchia, ma sufficiente, e ben tenuta, ed ha contiguo immediatamente il luogo masserizio ed una bella ortaglia" Questa descrizione ci attesta quindi la presenza dei tavelloni di cotto che il restauro di qualche anno fa ha portato alla luce e la presenza delle tele, situate in posizione probabilmente identica all'attuale.
Nel 1896 alla chiesetta di S.Andrea fu donato da Angelo Brioni "una pezza di terra" composta da un ampio terreno "arativo vitato" (cioè coltivato a viti), una striscia di "bosco ceduo forte" adiacente al Tronto e una piccola porzione di "arativo ora ingresso alla chiesa". Dalla lettura della mappa acclusa all'atto notarile sembrerebbe di poter individuare il terreno come un'ampia pezza tra la "pontesela" di Via Lodrine e l'attuale oratorio (più o meno dal Tronto fino a tutto il campo di calcio) e l'ultima annotazione contiene un'informazione importante e cioè che intorno al 1896 fu probabilmente aperta la porta laterale della chiesa tra l'altro con la distruzione degli affreschi della parete laterale e forse murata l'acquasantiera in pietra ora asportata durante il restauro degli affreschi e collocata sul presbiterio della Chiesa Parrocchiale attuale, quale fonte battesimale.
La più bella e completa descrizione della chiesetta e della sua dotazione artistica dell’epoca è conservata in un faldone miscellaneo nell'archivio parrocchiale della Pieve e fu probabilmente eseguita in vista di una visita pastorale. Pur essendo senza data si può ipotizzare che sia dei primi anni del 1700 (forse del 1703) per affinità con altri documenti datati che si trovano nello stesso faldone. Qui si propone una traduzione in italiano delle parti più interessanti che conferma come a quella data la chiesetta avesse già assunto in sostanza la forma che conserverà inalterata fino ad oggi.
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"La descrizione della chiesetta di S. Andrea apostolo nonché dei suoi possedimenti mobili e immobili"
(ca. 1703)
Nell’Oratorio di Sant'Andrea Apostolo, che si innalza al lato sinistro della Parrocchia della Pieve di Concesio, pressappoco al confine con Bovezzo, e che ha il suo portale maggiore rivolto a occidente, e un altro minore verso sud, con ingresso ed uscita che danno sulla pubblica via, si trovano due altari, il primo dei quali si trova collocato di fronte alla porta maggiore nella cappella più grande. Su di esso c'è una pietra consacrata protetta da una tela cerata fissata in una tavola lignea con tre assi di legno, con due pulvinari(1), un antipendio(2) e una pedana di legno con una parte in cuoio dorato e dipinto (...). Sopra c'è un crocifisso con quattro candelabri d'oricalco e due aquile sbalzate nell'argento con una tavola dipinta e in buono stato dotata di una cornice di legno levigato, scolpito, dorato e dipinto alla sommità. A sinistra di questa, in alto, c'è un'immagine della Beata Vergine Maria, che sembra sospingere il piccolo Gesù verso un S.Andrea con la croce, il quale, allo stesso modo, è dipinto a lato. C'è anche una tela cerata su cui è dipinto S.Andrea e che serve a coprire la porticina lignea del tabernacolo.
Sul retro di questo altare ci sono tre antipendi: uno bianco e viola, l'altro bianco e il terzo da una parte rosso e dall'altra viola. Nella cappella minore che è alla sinistra di chi esce, c'è una pietra consacrata (posta) tra tre tavole di legno con due pulvinari. La pietra è protetta da una tela cerata e l'antipendio è tutto di cuoio dorato e dipinto, con una tela rossa come protezione; c'è un crocifisso e due candelabri fatti di oricalco con due aquile in lamina d'argento ricco. C'è una pala d'altare alla cui sommità c'è la Santa Vergine col bambin Gesù, a destra la figura di S.Carlo e a sinistra S.Nicola da Tolentino e S.Rocco. Sul lato destro di questo altare c'è una tavola sulla quale è dipinto S. Francesco Saverio.
Nella chiesetta vi sono due lampade, una di auricalco davanti al S.Andrea e una sopra la Beata Vergine. Ci sono pochi sgabelli per l'uso comune o particolare di chi assiste alle liturgie. Nella suddetta cappella maggiore vi sono due porte, una di fronte all'altra: la prima va al campanile sopra il quale si trovano due piccole campane e l'altra, alla sinistra, porta ad una sacrestia che ha di fronte a sé, verso est, una stanzetta con un piccolo giardinetto, il quale dispone di una entrata e di una uscita, che si trova alle spalle della cappella maggiore nell'orto, in direzione nord. Quindi in sagrestia si trova il vestiario con tre cassetti: nel superiore c'è (...?) un calice e una patena dorati, con ventisei "purificatori"(3), quattro vesti e nove veli dai colori necessari, con quattro corporali con i colori richiesti e due ostiarii. Nel cassetto inferiore (...)
- pulvinari: nome sconosciuto. Forse trattasi di sostegni tipo colonnette o altro.
- 1' antipendio è una specie di velo o tappezzeria appesa davanti all'altare (detto anche paliotto).
- per "purificatori" qui si intendono i rettangoli di lino usati per asciugare le dita, le labbra e il calice durante la messa.
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Nel 1939, successivamente al furto della pisside rubata dal tabernacolo della chiesetta, l'allora cappellano Giovanni Carlo Zini promosse il restauro del presbiterio e fece benedire il nuovo altar maggiore dall'arcivescovo Giacinto Tredici il 29 novembre 1939. Nello stesso periodo Don Mazzolari scrisse un articolo sul furto sacrilego. |
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"La povera dimora
di un santo pescatore":
uno scritto di Don Primo Mazzolari
per S. Andrea di Concesio
"Una chiesa di campagna (...) da un occhio abituato alle cose piccole è subito immaginata. Benché dedicata allo stesso Santo, la chiesa di S.Andrea di Concesio non ha nulla che ricordi la magnificenza del S.Andrea che in Mantova Leon Battista Alberti volle degna del Santo più che dei Gonzaga che gliela ordinarono. (...) Eppure costì meglio che nel duomo mantovano, S.Andrea è di casa. Un pescatore, anche dopo venti secoli di Paradiso, non deve trovarsi male nella chiesetta di Concesio. I poveri stanno sempre bene coi poveri. Ma non è poi vero che la chiesa di S.Andrea di Concesio sia poi tanto povera. Se i ladri l'han presa di mira, vuoi dire che in essa c'è qualche cosa che vale.
Non c'è una chiesa nostra, per quanto povera, che non abbia il suo tesoro. Lo si può profanare e calpestare, ma rubarlo no, perché il Cristo, se uno lo ruba, gli butta le braccia al collo.
E dove mettete le preghiere delle nostre piccole Chiese? Ne è piena l'aria: come di lagrime ne è bagnato il pavimento. E se ascolti un poco, t'arrivano al cuore più che a l'orecchio, confidenze appena mormorate, grida e disperazione placate. A S.Andrea, un santo che non mette soggezione come i santi in elmo e corazza, in toga senatoriale o in manto regale, devono particolarmente esser cari codesti sfoghi di povera gente, cui non è rimasto alcuno,
all'infuori del Patrono, che la capisce e la protegge.
Io voglio sperare che almeno per quelli di S.Andrea di Concesio, il loro Santo sia rimasto il pescatore di una volta, a pie nudi, i calli sulle grosse mani, la barba beccata dal vento.
Così devono averlo affrescato o dipinto nell'abside come "Servo di Cristo, apostolo del Signore, fratello di Pietro e suo compagno di martirio". Perché questo è il suo vero stato di servizio, il foglio matricolare del vostro Patrono, più vero di qualsiasi epigrafe, più bello di qualsiasi elogio.
Il nostro popolo capisce e capirà sempre una teologia così semplice e così alta, ove la prontezza del servo si confonde con la fedeltà dell'Apostolo, e i vincoli del Sangue si saldano nella comunanza del martirio che corona la fedeltà del servo e dell'Apostolo. |
GLI AFFRESCHI E GLI INTERNI
Da alcuni anni, grazie all'interessamento di don Rinaldo Perini, parroco di Sant’Andrea dal 1993 al 2006, questa antica chiesa sta ritrovando tutto il suo antico splendore. Molti affreschi sono stati completamente restaurati mentre altri sono in fase di restauro.
Don Perini ha voluto concludere il suo parrocchiato – particolarmente apprezzato per la sua profonda carica umana, la sensibilità, la religiosità, la serenità, il dialogo con tutti – con il secondo ed ultimo lotto dei restauri della bellissima chiesa quattrocentesca di S. Andrea apostolo, la “vecchia” chiesa del paese, in cui Romeo Seccamani di Anfo ed i suoi collaboratori hanno scoperto un ciclo stupendo di affreschi della prima metà del 1500, tra cui una deliziosa “Madonna con il Bambino” dalla dolcezza infinita ed una singolare “S. Liberata”, protettrice delle mamme in attesa di parto gemellare (dipinta anche sulla parete della controfacciata della meravigliosa chiesa medioevale di S. Filastrio vescovo, in Tavernole sul Mella, ora in restauro).
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Estratto dell’intervista
a Don Marco Belleri
dal bollettino parrocchiale
del 17.06.2000
Don Rinaldo, ha fatto degli ottimi lavori e adesso è molto bella. La chiesa dovrebbe essere tutta affrescata, non solo le parti che si vedono, perché lì, durante la peste, quella descritta dal Manzoni, fecero un lazzaretto, per cui disinfettarono i muri coprendoli con la calce viva. Quando sono arrivato io la struttura era già come quella attuale... |
(E' possibile scorrere con il mouse su tutta la superficie di ogni immagine seguente per individuare le aree attive che permettono di ingrandire un particolare dell'interno o di un affresco. In assenza di dettagli, compare la scritta "ingrandisci tutta l'immagine" per zoomare la fotografia nella sua interezza)
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Affreschi lato sinistro guardando dal portone e Pala laterale sinistra |
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Pala laterale destra e affreschi lato destro guardando dal portone |
PARTICOLARI DEGLI AFFRESCHI
(Anche in questa sezione è possibile scorrere con il mouse su tutta la superficie di ogni immagine per individuare le aree attive che permettono di ingrandire un particolare dell'interno o di un affresco. In assenza di dettagli, compare la scritta "ingrandisci tutta l'immagine" per zoomare la fotografia nella sua interezza)
L'affresco collocato sulla porta laterale verso il monte, rappresenta il misterioso "Cristo dei dolori”ed attende di essere riscoperto interamente.
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Alla destra dell'affresco, sull'altra parete dell'angolo in alto, perciò di faccia al portone principale, sulla sinistra, è stato recuperato un affresco che rappresenta la "Madonna con Bambino incoronata dagli angeli e due santi di cui uno è sicuramente S.Andrea con la croce verso il quale Maria sospinge Gesù.
Sotto questo affresco sono emerse le figure del "Cristo di pietà" con la Vergine, Giovanni e Maria Maddalena e i santi Rocco e Sebastiano in evidenza. |
Guardando invece dal portone sul lato destro
si può osservare l’affresco raffigurante
la Madonna col bambino,
S. Rocco e S. Sebastiano.
Sotto si legge:
“Hoc opus fecerunt Geronimus et Jacobus"
(opera di Geronimo e Giacomo)
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S.Fabiano - S.Antonio - S.Sebastiano - S.Rocco
Sotto a questo affresco si legge una iscrizione latina con la data del 10 maggio 1513 con il nome del committente, Giovanello Betelli, fattore in Artignago, originario di Timoline".
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Questo "preziosissimo ciclo rinascimentale fu evidentemente realizzato in occasione soprattutto della peste del 1512", come si intuisce dalla ripetizione quasi ossessiva dei santi Rocco e Sebastiano, che proteggevano dal pericoloso morbo e può forse essere di poco successivo all'erezione del tempietto stesso, che potrebbe avere quindi origine votiva.
Anche l’insistenza sul tema del dolore e della sofferenza fisica fanno pensare alla chiesetta di S.Andrea come a un santuario votivo nelle varie ondate di peste.
LE PALE DEGLI ALTARI
La pala laterale dell’altare a sinistra è databile al 1610-12, attribuibile a Pietro da Marone (1548-1625), misura cm 235x161. Era la pala del secondo altare della chiesa, dedicato a S.Nicola. Il dipinto rappresenta una Madonna col Bambino ed i santi Nicola da Tolentino, Rocco e Carlo Borromeo. La presenza dei tre santi, particolarmente invocati come protettori degli appestati, può indurre a ritenere che il quadro sia stato commissionato da chi si salvò da una epidemia seicentesca di peste.
Intorno al 1650 l'altare viene menzionato esplicitamente, nelle visite pastorali come "altare di S.Carlo", mentre nel 1818 viene attestato come "altare di S.Nicola".
Probabilmente il ventennio 1600-1620 fu un periodo di grandi cambiamenti per il tempietto visto che in quegli anni venne restaurato il campanile, costruito il muro di cinta, realizzata la pala dell'altare maggiore e anche questa laterale.
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Particolari della "Pala di S. Nicola":
- I volti dei santi Nicola da Tolentino e Rocco
- Il paesaggio di fantasia sullo sfondo
- Il cane, tradizionale attributo di S. Rocco che, curiosamente,
non compare invece negli affreschi.
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L’altare laterale destro di San Paolo è sormontato da una pala più recente tardo seicentesca che presenta un'iconografia insolita: in alto si libra S.Paolo che regge una grande spada; alla sua sinistra stanno due figure femminili, sormontate da un putto che solleva un drappo; in basso a destra è collocato un vescovo con mitria, piviale e pallio (probabilmente S.Agostino) affiancato da un angioletto che regge il pastorale, con a lato un libro aperto.
La prima attestazione di questa tela è del 1818. |
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Originariamente,in questa posizione si trovava un’altra pala commissionata da Bartolemeo Picinelli nel 1610, lo stesso che aveva cinto con un muretto la dotazione di terreno della chiesa. Proprio per questa tela, nel 1690, si verificò un'interessante causa tra la Vicinia di Artignago, rappresentata dai suoi Sindaci, e l'Arciprete della Pieve, Mattia Murasco.
Purtroppo di questa antica tela non rimane oggi traccia, forse e stata venduta o, secondo altri bruciata.
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Estratto del bollettino
parrocchiale del 17.06.2000
"Perche avesse Egli (cioè l'arciprete Murasco) a male fosse statta posta una Pala (cioè non essendo d'accordo su questo n.d.r.) di molta spesa nell'Oratorio o sia Chiesa di S. Andrea in detta Contrada da d.o Nicolò Balucante uno dei Sindici di Essa nell'ottobre passato, l'avesse detto Arciprete tagliata o fatta tagliare in modo scandaloso la notte delli 27 venendo li 28, festività dei S.ti Simon e Giuda nel med.mo mese, asportando anco sciente e deliberatamente (...). Confessò egli (cioè il sacerdote) spontaneamente di essersi portato in persona a levar quella Pala col taglio dell'Altar di S.Andrea, adducendo molte ragioni, e decreti sinodali delle Constituzioni Ecclesiastiche con altri particolari, che pure in modo difuso fecero spicare all’intimazione delle difese con le forme del rito, avendosi esaminati più testimonj nominati da Lui, che comprovavano capi di molto rimarco in suo vantaggio, ed in oltre che fosse statta levata la pala vecchia sanza necessità e postavi quest'altra, con formalità discordanti dai sacri riti (...). Dicemo che: Pre Mattia Arciprete antescritto sia liberamente assolto dovendo esser posta la Pala antica nel luogo primiero, dove fu levata, e restituita a Balucanti la nuova".
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